Si sono festeggiati ad Arabba i 20 anni della Società Italiana di Medicina di Montagna avvenuta nel luglio del 1999
Sabato 28 settembre 2019 nella sala congressi del comune di Arabba, in provincia di Belluno, si è tenuto il Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina di Montagna (S.I.Me.M.). Oltre settanta i partecipanti. Un bel modo per festeggiare un compleanno, per ritrovarsi insieme nello stesso luogo dopo vent’anni. Ha aperto i lavori Antonella Bergamo, vicepresidente della Società.
Ha, poi, preso la parola Annalisa Cogo, uno dei past president, che ha passato in rassegna la storia della Società, partendo dal luglio del 1999, quando la S.I.Me.M. venne fondata ad Arabba.
Una storia lunga due decenni
La prima spedizione importante scientifica italiana che risale al 1973 e fu quella all’Everest diretta da Guido Monzino. Responsabile della parte medica e scientifica fu Paolo Cerretelli con l’aiuto del ricercatore Giuseppe Miserocchi. Nel 1984 un gruppo di medici appartenenti all’UIAA (Union Internationale des Associations d’Alpinisme) fondò l’International Society of Mountain Medicine (ISMM). Nel 1984 venne organizzato un convegno riguardante la medicina di montagna a Chamonix in Francia con 350 partecipanti. Nel 1985 venne fondata la Commissione Medica del Club Alpino Italiano. Nel 1987 fu organizzato dalla commissione medica del CAI a Saint Vincent il primo congresso italiano di medicina di montagna (atti pubblicati da Masson) e, poi, nel settembre 1989 presso il rifugio Guido Monzino, in Val Veny, si tenne il primo corso di aggiornamento per medici di trekking e spedizioni. La commissione medica del CAI fu promotrice di eventi riguardanti la prevenzione e la divulgazione, come, per esempio, la campagna contro il fumo nei rifugi del CAI. Nel settembre 1993, in occasione del centenario della costruzione della capanna Regina Margherita (1893-1993) sulla Punta Gnifetti, si tenne a Varallo Val Sesia un convegno cui parteciparono esperti di medicina di montagna, provenienti da varie parti del mondo. In tale occasione venne pubblicato un libro per ricordare le più importanti ricerche scientifiche in campo medico e fisiologico, glaciologico e geologico, e pure riguardante le scienze ambientali e la fisica dell’atmosfera. Nel 1994 l’università di Padova fece partire presso il passo del Pordoi il primo corso universitario di perfezionamento in medicina di montagna.
Le origini della S.I.Me.M.
Nel 1998 fu organizzato dall’ISMM a Matsumoto, in Giappone, il congresso internazionale di medicina di montagna. Vi parteciparono Giancelso Agazzi, Oriana Pecchio e Andrea Ponchia. Fu in questa occasione che nacque l’idea di fondare la S.I.Me.M.. Giancelso Agazzi, Annalisa Cogo, Oriana Pecchio e Andrea Ponchia furono i quattro soci fondatori della società, costituitasi ufficialmente ad Arabba il 4 luglio 1999 in occasione del primo congresso nazionale della neonata società. Andrea Pocchia, allora presidente della commissione medica del CAI, presentò il convegno. Ospiti alcuni scienziati internazionali tra cui Carlos Monge, Buddha Basnyat, Peter Bärtsch, Franz Berghold, Paolo Cerretelli. Da allora sono stati organizzati annualmente congressi in varie località dell’Italia. Venne stampato anche un notiziario.
Ha preso, poi, la parola Andrea Ponchia, che ha parlato dei progetti scientifici realizzati nella Piramide in Nepal, un laboratorio realizzato in alta quota nella valle del Khumbu. Ponchia ha ricordato la nascita nel 1994 del corso di perfezionamento in medicina di montagna dell’università di Padova. Il corso è stato ideato nel 1993 dal Prof. Tito Berti, allora preside della facoltà di medicina e cattedratico di Farmacologia, in collaborazione con l’allora presidente generale del CAI Roberto De Martin. Nel 1994 l’università di Padova mise a punto delle convenzioni con il CAI, il Quarto Corpo d’Armata, con la regione Alto Adige, e con il Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS). Molti i docenti che si sono resi disponibili per l’insegnamento. Scopi della S.I.Me.M. uscire dagli schemi rigidi del CAI, rivolgersi a tutti e non solo ai soci del CAI, filtrare i risultati della ricerca, dando regole pratiche ai frequentatori della montagna, mantenendo un equilibrio tra scienza di base e clinica, stimolando e incoraggiando nuove ricerche.
Nel 2004 venne organizzato un trekking nella valle del Baltoro, in Pakistan, per celebrare i 50 anni trascorsi dalla prima salita italiana al K2 (88611 m.) nel 1954. La S.I.Me.M. vi partecipò insieme alla commissione medica del CAI. La proposta di organizzare incontri informativi con i medici di base cadde nel vuoto. Cogo ha fatto presente che, dopo l’entusiasmo iniziale, sono comparse, a parte i problemi di tipo organizzativo (non esisteva ancora Skype), delle difficoltà a definire obiettivi chiari e condivisi, difficili da raggiungere. Veniva, talvolta, percepita la sensazione di lavorare a vuoto o di non essere in grado di soddisfare le richieste. Si dimostrava determinante l’apporto di ognuno. La medicina di montagna è una disciplina particolare dal momento che riunisce medici impegnati abitualmente in differenti attività, accomunati da un interesse particolare che non è solo medico.
Antonella Bergamo ha, poi, ricordato la collaborazione nata oltre dieci anni fa tra S.I.Me.M.e Trento Film Festival, con l’organizzazione annuale di convegni con scopo divulgativo che hanno avuto come temi numerosi argomenti: i trapianti d’organo, la sicurezza, l’alimentazione, il soccorso in montagna, la guerra in montagna, la disabilità, le malattie croniche, i trail e gli ultratrail in quota, i farmaci, la montagnaterapia (la montagnaterapia). Giancelso Agazzi ha parlato, poi, della storia della Commissione Medica della Cisa-Ikar, di cui è membro. Ha illustrato i rapporti esistenti con la S.I.Me.M. e con la Commissione Medica dell’U.I.A.A., sottolineando la trasversalità e gli interessi che accomunano tutte e tre le Commissioni. Guido Giardini, past president della S.I.Me.M. e direttore dell’ambulatorio di medicina di montagna di Aosta, ha ricordato momenti più recenti dell’attività della Società, tra i quali il congresso organizzato in Sardegna dal titolo “La montagna sull’isola”, oltre al congresso organizzato dal 30 novembre al 1 dicembre 2012 presso l’università di Chieti dal titolo “Dagli Appennini alle Alpi”, e quello del 25 e 26 settembre 2015 tenutosi nella sala convegni delle Funivie del Monte Bianco, in Valle d’Aosta, dal titolo “La medicina di montagna sul Monte Bianco”. Nel 2018 sono state messe a punto le linee-guida per il paziente cardiopatico che va in montagna, promosse dal Prof. Gianfranco Parati dell’università di Milano-Bicocca e da altri medici esperti.
“Mountain Medicine in the Himalayas”
È seguita la lettura magistrale del medico nepalese Buddha Basnyat dal titolo “Mountain Medicine in the Himalayas”. Una presentazione interessante che ha toccato alcuni aspetti della sanità in Himalaya. Le popolazioni himalayane sono vulnerabili: portatori, contadini, operai, pellegrini non sono coperti, infatti, da assicurazioni e percorrono lunghi cammini affrontando grandi difficoltà. Le strade di accesso ad alcune regioni himalayane sono in cattive condizioni ed esiste il problema delle malattie provocate dall’alta quota. Sta, tuttavia, nascendo in Nepal la medicina di montagna. Buddha ha riferito che partirà tra poco in Nepal un corso di diploma in medicina di montagna per avvicinare alcuni giovani medici a questa disciplina. Ogni anno, tra giugno e agosto tra trecentomila e seicentomila pellegrini si recano nello Shri Amarnath. Molti sono ammalati di diabete, portatori di ulcera gastrica, di malattie polmonari o sono cardiopatici. In più queste persone possono andare incontro a male acuto di montagna (AMS), edema polmonare (HAPE) ed edema cerebrale (HACE) d’alta quota. Talvolta si assiste a riacutizzazioni di ulcera gastrica. La principale causa di interventi chirurgici in Kashmir è rappresentata da perforazione di ulcera duodenale. Spesso i pellegrini non si nutrono a sufficienza durante il viaggio e non bevono, disidratandosi, ed esponendosi a innumerevoli rischi. Buddha ha spiegato perché i vecchi soffrono e si ammalano di più in Himalaya: in alta quota la capacità di effettuare esercizi fisici diminuisce dell’1% ogni 100 metri al di sopra dei 1500 metri (calo della VO2 Max). La mancanza di allenamento rappresenta un importante fattore di rischio tra i pellegrini più vecchi. I pellegrini asiatici (Cina, India) non hanno di solito un’assicurazione e per di più non sono in grado di valutare i rischi ai quali vanno incontro, sottostimando i pericoli derivanti dalle complicazioni causate dalle patologie dell’alta quota (AMS, HAPE e HACE). In Tibet non ci sono elicotteri per il soccorso in montagna, mentre molti soccorsi in Himalaya non risultano necessari. Buddha ha affermato che a volte è meglio scendere più in basso usando un portatore, un cavallo oppure a piedi, qualora le condizioni lo consentano. Il soccorso in elicottero va riservato solo ai casi gravi. La medicina riguardante l’alta quota dovrebbe far parte del curriculum di ogni medico. Dovrebbe essere più diffusa l’abitudine di effettuare l’autopsia nei casi di morte causata da patologie d’alta quota. La medicina militare nell’Asia del Sud ha una notevole potenzialità nel campo della medicina d’alta quota, specialmente nella zona di confine tra India e Pakistan, dove ormai da anni è in corso una guerra.
Pro e contro del Lake Louise Score: due opinioni a confronto
Sono seguite le presentazioni di Giacomo Strapazzon, vicedirettore dell’EURAC (Institute for Mountain Emergency Medicine at the European Academy EURAC) di Bolzano, e del Prof. Jean Paul Richalet, fisiologo dell’università di Parigi, che hanno parlato del Lake Louise Score (LLS), un sistema di autovalutazione che permette di quantizzare il male acuto di montagna (AMS). Uno contro e l’altro a favore dell’utilizzo dei disturbi del sonno. Lo score per l’autovalutazione del male acuto di montagna (AMS) è stato messo a punto nel 1993 da un gruppo internazionale di esperti. Si basa su cinque punti:
* mal di testa
* sintomi gastrointestinali
* senso di fatica e di debolezza
* vertigini e sensazione di “testa vuota”
* disturbi del sonno
Citando alcuni studi effettuati in alta quota, Strapazzon ha riferito che il quinto punto del LLS risulta poco correlato agli altri nella autovalutazione del male acuto di montagna (AMS). Jean Paul Richalet nel corso della sua presentazione ha voluto, invece, sottolineare l’importanza della valutazione anche del quinto parametro, il sonno: la difficoltà di addormentamento e i frequenti risvegli notturni. Il LLS viene molto utilizzato nel corso di ricerche scientifiche in alta quota. È in grado di aggregare sintomi che sono molto aspecifici, dovuti a una varietà di cause che non sono correlate all’ipossia. Recentemente si è ipotizzato che possa essere opportuno togliere i disturbi del sonno dallo score per i seguenti motivi: non è applicabile a studi di breve durata (camere normo o ipobariche), è molto aspecifico, non è correlato al mal di testa o ad altri sintomi in alcuni studi (Macinnis et al., 2013, Hall et al., 2014). Il senso di vertigine e i sintomi gastroenterici sono, in genere, i meno frequenti, mentre il mal di testa, il senso di fatica e i disturbi del sonno sono più frequenti. Nel corso di uno studio effettuato su 317 trekkers in alta quota, senza l’utilizzo di farmaci, è stato utilizzato e studiato il LLS. Centodiciannove soggetti hanno sofferto di AMS leggero, mentre sessantaquattro di AMS da moderato a severo. Lo scopo dello studio è stato di valutare la necessità di utilizzare il mal di testa score >0 per la diagnosi di AMS, valutare i disturbi del sonno rispetto agli altri quattro parametri del LLS e valutare il significato delle vertigini. In conclusione, secondo Richalet, mal di testa, senso di fatica e disturbi del sonno sono molto importanti nel formulare la diagnosi di AMS. Il LLS non è comunque perfetto e dovrebbe, perciò, essere utilizzato in parallelo con altri score.
Di App e risultati di “Save the Mountains”
Massimo Martinelli e Luca Bastiani, rispettivamente informatico ed epidemiologo del CNR di Pisa, hanno, poi, presentato il progetto della nuova App “multilingua” per test di autovalutazione del male acuto di montagna. La App può fornire indicazioni sul male acuto di montagna ai frequentatori della montagna con lo scopo di sensibilizzare e procurare una migliore conoscenza. Martinelli ha presentato anche i primi risultati del questionario on line sugli stili di vita messo a punto in occasione del progetto “Save the Mountains”, evento organizzato il 7 luglio 2019 in venti rifugi delle sezioni del Club Alpino Italiano della provincia di Bergamo. La presentazione di un poster ha illustrato i risultati preliminari di uno studio dei fattori di rischio individuali e dell’insorgenza di male acuto di montagna (AMS) tramite la raccolta di informazioni sullo stile di vita dei frequentatori della montagna. Nell’ambito dell’evento “Save the Mountains”, finalizzato a valorizzare l’educazione e la sostenibilità in montagna, è stato promosso dal Club Alpino Italiano di Bergamo, dalla Associazione Nazionale Alpini della provincia di Bergamo, dall’Osservatorio per la Montagna e dal Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico. É stato ideato e pubblicato sul Web all’indirizzo http://altamontagna.isti.cnr.it:8080/Stiledivita/, un questionario multilingua anonimo e aperto a tutti coloro che frequentano la montagna. Il questionario, che rimarrà attivo almeno fino al termine dell’estate 2020, è stato realizzato dall’Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISTI) in collaborazione con l’Istituto di Fisiologia Clinica sempre del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IFC) e dalla sezione di Bergamo del Club Alpino Italiano e dalle commissioni mediche del CAI Bergamo, Lombarda e Centrale del Club Alpino Italiano, oltreché dalla Fondazione Montagna Sicura di Courmayeur, dal Laboratorio di Medicina di Montagna dell’Ospedale Regionale di Aosta e dalla Società Italiana di Medicina di Montagna. I risultati parziali elaborati sui primi 565 soggetti dimostrano una scarsa percezione del male acuto di montagna (AMS). I fattori maggiormente predisponenti nei confronti del male acuto di montagna sembrano essere il fumo, lo svolgimento di un’attività fisica intensa e precedenti episodi dello stesso.
Francesco Marconi, presentando uno studio pilota riguardante l’applicazione wireless dell’elettrocardiogramma nel soccorso in montagna ha vinto il premio della Sessione Poster.